Chi è Argante?

Aiutiamo in modo concreto noi stessi quando impariamo a gestire con equilibro le variabili della nostra esistenza e della nostra emotività. E' questo che ci rende capaci di fronteggiare le situazioni inattese, ovvero, aver imparato a prenderci cura dei nostri aspetti più personali, delle nostre credenze, delle aspettative importanti, dei valori e delle caratteristiche che ci contraddistinguono.

ARGANTE è il protagonista della commedia “IL MALATO IMMAGINARIO” di Moliére.
 Il protagonista dell’opera teatrale, il nostro antieroe, viene ingannato, sfruttato e deriso a causa delle sue paure e tutto ciò fin tanto che sua prospettiva non cambierà e non inizierà la sua trasformazione acquisendo più fiducia verso sé stesso e gli altri.

Argante uscirà dal suo rigido schema e affronterà l’incertezza accettando un aiuto autentico.
Svelati tutti gli inganni che lo circondano avrà la forza e il coraggio di liberarsi di chi lo ha raggirato.
Con rinnovata consapevolezza deciderà di diventare medico, il medico di sé stesso.

Cosa significa “Stare Bene”?

 Ogni individuo sperimenta delle difficoltà e le attraversa in modi differenti, rimanendone diversamente segnato e coinvolto. Le risorse che mettiamo in campo e il modo di gestirle sono la base del nostro stile per fronteggiare i cambiamenti e le crisi. Lo “Stare Bene” spesso coincide con le modalità che abbiamo di rispondere alle difficoltà utilizzando nel miglior modo possibile le nostre risorse interne ed esterne. Creando, così, le condizioni migliori per noi stessi, senza necessariamente, scontrarci con gli altri e con il contesto che ci circonda. 

Quando siamo “Malati Immaginari”?

Possiamo definirci “malati immaginari” quando attribuiamo alle nostre capacità, possibilità e risorse un valore inferiore a quello possibile. Infatti ci indeboliamo quando, senza un ragionevole motivo, pensiamo di non avere o non avere abbastanza mezzi per far fronte ad una situazione che ci crea difficoltà e disagio. Questa posizione esistenziale, questo modo di vedere sé stessi nella vita, è presente in ognuno di noi in misura variabile e prescinde dall’oggettivo stato delle cose, della salute che abbiamo e dell’idea di benessere globale che desideriamo. 

Quindi non esistono persone malate?

 Esistono numerosi disagi e malesseri psicofisici concreti e pervasivi; prendiamo ad  esempio un malato cronico di cuore pur non potendo, probabilmente, scalare il Monte Bianco potrà, nello stesso tempo e altrettanto probabilmente, fare sport e condurre una vita ricca di stimoli e relazioni. Anche quando siamo di fronte a disagi che coinvolgono il nostro corpo, le nostre emozioni, i nostri sentimenti e mettono a dura prova la nostra psiche, possiamo essere in grado di fare molto per noi stessi, soprattutto quando cerchiamo ed accettiamo l’aiuto necessario.

Siamo sempre tutti, in modi differenti, persone sia  “diversamente malate” che  “diversamente sane”.

Nomen omen...
Il nome è un presagio

ARGANTE, il nome del nostro malato immaginario, non è stato scelto a caso, ma ripreso dall’opera: “La Gerusalemme Liberata”. Argante quindi, è un feroce guerriero pagano nell’opera di Torquato Tasso e un impaurito e confuso essere umano in quella di Moliére. Spesso, quando siamo in difficoltà, incontriamo queste due parti di noi: una “guerriera” che spera di essere in grado di travolgere e stravolgere tutto; l’altra “impaurita” che si abbandona alla al dubbio e alla confusione. La difficoltà sta proprio nel lasciare queste posizioni rigide e tutte le sfumature che esse comportano. Occorre sbloccarsi e spostarsi dagli estremi verso la parte naturalmente più saggia che ognuno di noi possiede.

Le polarità che il nome Argante porta con sé, sono da sempre parte del genere umano.
Allora come oggi sono evidenti e riconoscibili come un tempo lo erano nei poemi epici e nella commedia dell’arte.

Chi sono i protagonisti della complessità?

Stress disorientanti, ritmi di vita sempre più serrati, radici culturali azzerate dal mancato passaggio generazionale. La cultura digitale ed i social propongono modelli indefiniti o meglio, egoriferiti senza che vi siano nuovi e significativi percorsi culturali, collettivi e civici. Da un lato vengono richieste prestazioni sempre più alte e dall’altro questo comporta la paura del fallimento. Inoltre le persone hanno un rifiuto generalizzato, polemico e rissoso verso chiunque sia di intralcio. Tutto ciò all’interno di contesti quotidiani senza troppe alternative costruttive, accompagnati da stili di vita edonistici, che vorrebbero rimuovere dall’esistenza la sofferenza e la morte o al massimo, usare quella più funzionale e venderla ai voyeur digitali

Chi non è Argante

Aggressività e società?

I dolori e i disagi più profondi sono considerati come oggetti ingestibili, da occultare e relegare alla dimensione intima e privata. Mentre,  al contrario, i disagi meno impegnativi possono essere condivisi al bar e sui social. L’aggressività, come anche il politicamente corretto, concorrono alla pari nel rafforzare la paura sociale (generalizzata) di essere derubati, invasi, sopraffatti e discriminati ingiustamente. L’avere coraggio non è più percepito come l’agire con il cuore. Avere coraggio pare sia diventando la capacità di sapersi difendere e aggredire, ovviamente dopo aver seguito i giusti tutorial su TiK-Tok o YouTube. Siamo supereroi crociati o cattivi giustificati. Infatti per molti esiste sempre qualcosa o qualcuno che trama, rema contro e che incastra. In questo modo ed in questi anni, le distanze relazionali si sono amplificate.
Quanta fatica! 

Cosa fanno gli "ArgAnauti"

Le soluzioni sono sempre molto più semplici del problema. Dovremmo forse ricordarci tutti di Argante, l’ArgAnauta, una persona che cambia fidandosi di chi si prende cura di lui autenticamente.
 
Lo fa scoprendo che il coraggio di vivere e cambiare è collegato alla scelta di attraversare il proprio disagio vedendone la forma.
 
Lo fa scoprendo che la vita, come il cavallo, prende la direzione indicata dello sguardo di chi è in sella e non ha necessariamente bisogno del controllo, delle redini.

Chi sono i supereroi della complessità?

Stress disorientanti, ritmi di vita sempre più serrati, radici culturali azzerate dal mancato passaggio generazionale; e ancora, cultura digitale e social propongono modelli indefiniti o meglio egoriferiti senza che vi siano nuovi e significativi percorsi culturali, collettivi e civici. Da un lato prestazioni sempre più alte e paura del fallimento, dall’altro persone che hanno un rifiuto generalizzato, polemico e rissoso verso chiunque sia di intralcio. Tutto ciò all’interno di contesti quotidiani senza troppe alternative costruttive, accompagnati da stili di vita edonistici, che vorrebbero rimuovere dall’esistenza la sofferenza e la morte o al massimo usare quella che si può vendere ai voyeur digitali

Aggressività e società?

I dolori e i disagi più profondi sono oggetti ingestibili da occultare e relegare alla dimensione intima e privata. L’aggressività e il politicamente corretto corrono alla pari nel rafforzare la paura sociale (generalizzata) di essere derubati, invasi, sopraffatti e discriminati ingiustamente. In questo modo, in questi anni, le distanze relazionali si sono amplificate. Sembra che l’avere coraggio non sia affatto percepito come l’agire con il cuore ma sia diventato il sentirsi, indifferentemente, supereroi crociati o cattivi giustificati. Esiste sempre qualcosa o qualcuno che trama, rema contro, che ci incastra. Quanta fatica! 

Cosa fanno gli "ArgAnauti"

Dovremmo forse ricordarci tutti di Argante, l’ArgAnauta, una persona che cambia fidandosi di chi si prende cura di lui autenticamente.
 
Lo fa scoprendo che il coraggio di vivere e cambiare è collegato alla scelta di attraversare il proprio disagio vedendone la forma.
 
Lo fa scoprendo che la vita, come il cavallo, prende la direzione indicata dello sguardo di chi è in sella e non ha necessariamente bisogno del controllo, delle redini.
Chi non è Argante